Pubblicità versatile e innovazione nel settore adtech
16 novembre, 2021 | Brendan Flaherty, scrittore e autore di contenuti del brand
Ecco "Il mio miglior consiglio", una serie in cui si chiede agli esperti di pubblicità di condividere gli insegnamenti più importanti appresi nel corso della loro carriera, i migliori consigli che abbiano ricevuto e i dati indispensabili per contribuire alla crescita di brand e aziende.
Megan Pagliuca, Chief Activation Officer di Omnicom Media Group (OMG), è da tempo un'innovatrice in ambito tecnologico. Quando frequentava il primo anno all'Università di San Diego, gli altri studenti andavano da lei per farsi riparare i computer. Le sue competenze hanno attirato l'attenzione dell'organizzazione IT dell'università, che l'ha subito assunta. Sebbene all'epoca fosse solo una studentessa di informatica, aveva già iniziato a percepire quel campo di studi come "un po' solitario".
"A quel tempo ero l'unica donna e quell'ambiente non era molto socievole, mi mancavano le relazioni umane", ha raccontato. Si era resa conto che la cosa che le interessava maggiormente non era la tecnologia in sé, ma come questa influisse sulla società e in particolare come interagisse con il mondo degli affari.
Subito dopo l'università ha conseguito un master in e-commerce e in seguito si è trasferita a New York, dove ha sostenuto dei colloqui di lavoro per diverse aziende del settore martech (tecnologia di marketing) e adtech (tecnologia pubblicitaria).
"All'epoca non conoscevo nessuno in questo campo, né avevo un mentore. Perciò ho dovuto trovare la mia strada facendo un sacco di domande e ricerche", ha raccontato. Dopo aver sostenuto quasi quaranta colloqui con diverse aziende, le è stato offerto un lavoro presso Right Media, acquisita da Yahoo! nel 2006. Megan si è unita al team di Yahoo! per poi spostarsi in Merkle, dove ha assunto il ruolo di General Manager Digital Media. Prima di ricoprire il suo attuale ruolo, è stata CEO di Accuen, azienda del gruppo OMG, e Chief Media & Data Officer di Hearts & Science.
Sebbene sia entrata nel settore senza conoscere nessuno, è rimasta in contatto con molti dei colleghi con cui ha lavorato sin dall'inizio della sua carriera. Ciò si riflette nel miglior consiglio che le sia mai stato dato: creare una propria rete di collaboratori fidati e competenti.
"Avere a disposizione un solido sistema di supporto composto dai miei precedenti datori di lavoro, da esperti in materia e da persone che hanno contribuito a farmi da mentore negli ultimi 15 anni circa è stato davvero importante. Qualunque sfida o crisi io debba affrontare, posso attingere alla saggezza collettiva di alcune persone davvero in gamba. Penso che lo stesso consiglio sia valido anche per la creazione di ottimi team", ha affermato.
In che modo i brand possono creare ottimi team?
Assumere qualcuno con cui andiamo d'accordo, qualcuno che sia proprio come noi, è semplice; il difficile sta nell'assumere persone diverse da noi. Penso che questa sia una delle sfide più grandi che il nostro settore sta cercando di affrontare. Tuttavia, la diversità è molto importante poiché, per ottenere il risultato giusto, è necessario confrontarsi con opinioni diverse e con la prospettiva di persone più in gamba di noi in diversi ambiti.
Quando ho iniziato a lavorare, ho avuto a che fare con una leadership omogenea. Come donna, avere successo in quelle organizzazioni è stata più dura per me, soprattutto quando si trattava di guadagnarsi una promozione. Penso che la situazione sia migliorata nel tempo e che si continuino a fare progressi. Il team con cui lavoro attualmente è quello più solido che abbia mai avuto nel corso della mia carriera. Il merito è del mio manager, una persona che la pensa in modo molto diverso da me e che ha promosso un modo di lavorare davvero unico e piacevole.
In che modo i brand possono collaborare al meglio con gli influencer?
Negli ultimi anni abbiamo assistito all'ascesa di un'economia di influencer e creatori di contenuti. È come se fosse emerso un nuovo canale per creare brand e aumentare le vendite. Ma il funzionamento di quel canale era spesso in balia dei sentimenti, che erano il criterio principale di scelta per le collaborazioni tra i brand e gli influencer. Non si faceva una scelta basata sui dati. Sono fiera del modo in cui ora ci approcciamo all'influencer marketing, perché crediamo che i nostri clienti dovrebbero vederlo come un canale multimediale a sé stante, e non come un'iniziativa PR isolata.
Rendere la ricerca del giusto influencer un processo che si basi maggiormente sui dati significa utilizzare dati proprietari e cercarli orizzontalmente sui social per capire quali macro e micro influencer sarebbero più adatti a uno specifico obiettivo della campagna. In breve, abbiamo adattato il nostro approccio al modo in cui i brand possono collaborare con gli influencer in generale.
Allo stesso tempo, stiamo collaborando con il National Minority Supplier Development Council (NMSDC) per certificare alcuni creatori di contenuti e offrire loro maggiore accesso ai profitti dei brand. Per i nostri clienti, questa iniziativa rappresenta una nuova opportunità di investimento diversificato. Attraverso il programma Diverse Creators Network promuoviamo il finanziamento della certificazione e offriamo formazione e supporto per ottenerla. Ne siamo entusiasti, perché lo consideriamo come una vittoria per tutte le parti coinvolte.
Come si è evoluta la pubblicità programmatica?
Quando ho iniziato a lavorare con Right Media, ho assistito al lancio del primo ad exchange e all'inizio delle offerte in tempo reale (RTB). All'epoca non le chiamavamo ancora in questo modo, ma si trattava della prima demand-side platform (DSP) e della prima supply-side platform (SSP). Poi ho iniziato a lavorare in Merkle, che all'epoca, prima di trasformarsi in un'agenzia che si occupa della gestione delle relazioni con i clienti (CRM), era per lo più un'agenzia di database marketing.
Grazie a quei lavori ho sviluppato le mie competenze e una profonda conoscenza in materia di pubblicità programmatica e utilizzo di dati proprietari. Mi trovavo al crocevia tra questi elementi chiave. Da allora ho collaborato per molti anni con i clienti cercando di capire in che modo organizzare e gestire le loro risorse proprietarie. Ho collaborato con loro anche per capire quale fosse il miglior approccio da adottare per l'acquisto di media, ad esempio l'acquisto basato sui dati, tramite DSP, piuttosto che l'acquisto da reti pubblicitarie, che non sono altrettanto efficaci nel coinvolgere i consumatori.
Ho dovuto imparare tantissimo, ma il futuro è adesso, ed eccoci qui oggi. Il modo in cui le nostre agenzie acquistano è innanzitutto programmatico, e la pubblicità programmatica è in continua evoluzione. Una delle principali aree di interesse è, ovviamente, il passaggio dalla TV lineare alla TV connessa (CTV). È bello essere finalmente giunti a un punto in cui la TV connessa è la priorità della nostra pianificazione.
Che cosa ne pensi del branding marketing e del performance marketing?
Penso che il branding sia sempre una questione di performance. Quando la pubblicità programmatica era ancora agli inizi, dicevano che i dati di terze parti funzionavano solo per il brand e non per la risposta diretta (DR). Personalmente ho sempre pensato che se i brand la utilizzano, dovremmo prima farla testare dai professionisti del direct response marketing: solo così sapremo se funzionerà. Questo è diventato l'approccio standard utilizzato oggi.
Inoltre, stiamo notando che alcune delle più grandi aziende al mondo, che si sono a lungo occupate della creazione di brand, dichiarano di concentrarsi sulla performance C'è stato un cambiamento. A dire il vero, in alcuni casi non vi era trasparenza nella gestione dei budget dei brand, cosa che non dovrebbe accadere mai.
Cosa significa per te la versatilità e perché è incentrata sul cliente?
Per quanto riguarda la pubblicità versatile, uno dei vantaggi del digitale è che si ricevono costantemente nuovi segnali dalle persone che interagiscono, e questo aspetto è di fondamentale importanza alla luce dei cambiamenti nelle attuali abitudini dei consumatori. È essenziale agire rapidamente utilizzando i segnali più rilevanti in tempo reale, e non basandosi su dati obsoleti. Oggi le cose sono in continua evoluzione, e senza questa versatilità verrebbe a mancare la rilevanza.
La rilevanza è parte del motivo per cui la versatilità è incentrata sul cliente. Quando si esaminano le informazioni più precise e recenti e si dispone di una visione olistica dei consumatori in questi diversi silos, è possibile comprendere meglio loro e le loro esigenze.
La sfida, che stiamo già affrontando e che diventerà più complessa per via della scomparsa dei segnali, consiste nella crescente frammentazione delle informazioni. Così, stiamo notando che molti brand ricorrono a soluzioni come le data clean room. Amazon Marketing Cloud ne è un esempio. Nelle data clean room possiamo ottenere più dati in un ambiente sicuro per la privacy che prima non esisteva. Ad esempio, in Amazon Marketing Cloud possiamo utilizzare i segnali di Amazon Ads e i nostri segnali proprietari per acquisire conoscenze uniche. La sfida e l'opportunità risiedono nel modo in cui continuiamo a guardare in modo olistico al panorama pubblicitario. In conclusione, i tempi sono cambiati, ma non per questo meno entusiasmanti.